Assemblea Alternativa per Piacenza 23/12/2021
Quando si rischia di smarrirsi, occorre ripartire dai fondamentali.
Dunque, Alternativa per Piacenza (ApP) nasce non solo in opposizione alla giunta di destra di Patrizia Barbieri, MA a un modo vecchio di far politica, che nessuno ammette di praticare ma che gli elettori riconoscono molto bene.
Il presupposto da cui si è partiti è stato l’assenza di un’egemonia precostituita, modo pomposo per dire che al tavolo immaginato, formato da forze organizzate o esperienze individuali ancorate ai valori riformisti e progressisti di un centrosinistra moderno, la politica avrebbe prevalso sull’arroganza muscolare dei numeri, sul peso e la storia dei singoli.
Il primo vagito di ApP è stato in favore di un METODO diverso, perché l’obiettivo che precede il vincere le elezioni è quello di riportare fiducia e credibilità in chi si propone di rappresentare altre persone nell’interesse di una comunità.
A tutti piace vincere, ma c'é anche chi accetta di perdere mille volte pur di gettare un seme e non tradire i suoi valori. Nel DNA di chi ha pensato ApP, vincere solo per sostituirsi alla gestione del potere, senza ribaltare forme e prospettive di questa gestione, non è mai stata una priorità.
Alla stregua di una costituente, si é investito sul FARE POLITICA, sulla capacità di vincere la fatica del confronto vero, privilegiando il lungo percorso sui contenuti quale palestra per imparare a conoscersi, a capirsi e a lavorare insieme. Non sulla conta spiccia dei rapporti di forza.
In questo senso non si sono contemplate primarie all'origine. Chiarirsi con franchezza sul perché l’opzione, in questi mesi sempre letta come una specie di male assoluto, sia ora diventare l’orizzonte “prendere o lasciare”, non é blasfemo, ma un doveroso bagno di realtà.
Da eventuali primarie bisogna uscire più forti, non fiaccati e rancorosi.
Oggi il punto non é sulla disputa fra fazioni, stile guelfi e ghibellini:
da una parte i sostenitori delle primarie, trionfo di partecipazione;
dall’altra i contrari, intenti a frenare l’espressione democratica diffusa.
Le primarie, in quanto strumento, sono in sé neutre e suscettibili di conseguenze molto diverse a seconda dell’uso che se ne fa, eccolo qui, il punto.
In linea di principio, VIVA LE PRIMARIE, che possono attrarre interesse, avviare il volano del consenso elettorale, muovere partecipazione democratica.
Tutto bene se si intendono come meta finale di un lungo percorso fatto di visioni acquisite e obiettivi condivisi, utile a misurare l’attrattività di più candidati individuati in corso d’opera, tutt*, senza riserva, accomunati dall’interpretare in pieno la sintesi ideale e l’adesione oltre ogni ragionevole dubbio ai valori fondanti del progetto e alla direzione che lo stesso ha inteso darsi. Se si ha la fortuna, cioè, di avere più portabandiera potenziali e riconosciuti tra cui scegliere, ben sapendo che, comunque si casca, alla fine, si casca bene.
Diventano un problema se finiscono per essere invece la resa dei conti per tornare a far prevalere i numeri rispetto alla sintesi sui contenuti, LA FORZA SUL DIALOGO. In questo caso è alto il rischio di trovarsi di fronte la pistola fumante della contrapposizione distruttiva, che prescinde dal rispetto delle caratteristiche essenziali di adesione al percorso che i contendenti dovrebbero aver già dimostrato nel tempo e non promettere per esercizio di stile all’ultimo secondo.
Ecco quindi la domanda finale, il bivio che rivela quanto stia davvero a cuore la coalizione a chiunque si vorrà cimentare nel dare una risposta:
ApP, oggi, è nelle condizioni (o può crearle) di approcciarsi alle primarie di coalizione come “punto di caduta”, valore aggiunto di legittimazione di candidature ugualmente riconosciute, che moltiplica le potenzialità del lavoro fin qui fatto e aumenta le possibilità di successo alle elezioni?
Se si, non bisogna aspettare un minuto di più a metterle in campo.
OPPURE
ApP, oggi, rischia di subire le primarie di coalizione come ultima ratio, con annesso il pericolo di snaturarsi a seconda dell'esito finale, infilandosi in una resa dei conti che spiana la strada alla colpevole riconsegna della città a questa destra?
Se è così, meglio tornare a far politica alta per invertire la rotta, creando i presupposti che oggi mancano per ricominciare a confrontarsi e dimostrarci diversi, ancor prima che vincenti.
Non è questione di preferenze o scelte di campo a prescindere. Si tratta di saper leggere il momento, lavorare per le condizioni migliori e poi agire di conseguenza.